Ogni anno in Sicilia un esercito di oltre 5.600 cervelli, tra docenti, ricercatori e tecnici di laboratorio, dedica alla ricerca complessivamente 32.353 mesi.
Altri 7.089 mesi vengono, invece, impiegati per trasferire le conoscenze tecnologiche dagli istituti di ricerca alle azienda.
Sono i dati che emergono dall'indagine sul Sistema innovativo siciliano (Sis), elaborata dall'Ipi, l'istituto di promozione industriale. L'indagine, presentata questa mattina a Palermo, si inserisce nell'ambito di Resint, il programma per la creazione di una "Rete siciliana per l'innovazione tecnologica", promosso dall'assessorato regionale all'industria e realizzato oltre che da Ipi (Istituto per la promozione industriale), anche da fondazione Censis e Unioncamere Sicilia.
Il panorama che emerge dall'indagine evidenzia una consistente presenza di risorse umane dedicate alla ricerca e al trasferimento tecnologico.
Nel complesso il numero di professori, dirigenti di ricerca e ricercatori è superiore a tremila; a questi vanno aggiunti 1.955 tra dottorandi e dottori di ricerca, assegnasti e titolari di altri borse di studio, e 624 tecnici di laboratorio.
Le strutture prese in considerazione dagli analisti dell'Ipi sono in tutto 270. Il 60% è rappresentato dai dipartimenti universitari e poco più del 30% da centri di ricerca pubblici o privati.
Il 72% delle strutture analizzate sono coinvolte in attività di ricerca di base, l'88% dichiara di svolgere attività di ricerca applicata e la percentuale sale fino al 93% se si considera la formazione rivolta a studenti e ricercatori.
A livello di province, a fare la parte del leone sono Palermo, Messina e Catania, le tre città siciliane dove si concentrano i poli universitari e i centri di ricerca.
Spaziando dalla biotecnologia alla meccanica avanzata, i progetti di ricerca censiti presso le strutture di ricerca sono in tutto 618. Di questi 353 sono finalizzati all'innovazione di prodotto, 297 all'innovazione di processo e 101 all'innovazione organizzativa e 66 all'innovazione di mercato.
I ricercatori sono al lavoro su progetti come strumenti oceanografici e di acustica marina, monitoraggio della produzione vitivinicola con reti wireless, riciclo meccanico del Tetrapak o sviluppo di un succo di limone funzionalizzato per la cura dei calcoli renali, solo per citare qualche esempio.
Elementi incoraggianti emergono, poi, analizzando i dati relativi a brevetti e spin-off. "Le strutture di ricerca, infatti - ha detto Valentino Bolic, direttore programmi comunitari dell'Ipi - sono sempre più interessate a generare brevetti e a dare vita a iniziative di spin-off. Si sono così rilevati 92 brevetti, per 22 dei quali è stato concesso l'utilizzo in licenza".
Il boom di brevetti è nei settori ad alta intensità tecnologica: l'Istituto di biomedicina e immunologia molecolare "A. Monroy" del Cnr ha depositato 12 brevetti, il dipartimento di chimica e tecnologie farmaceutiche dell'università di Palermo ne ha depositato 11, il dipartimento di ingegneria elettrica elettronica e dei sistemi (Diees) dell'università di Catania ha depositato 9 brevetti.
Buona anche la performance degli spin-off: 25 in tutto. "Si tratta - ha spiegato Giuseppe Roma, direttore generale del Censis - di un fenomeno in crescita, cui le università hanno dedicato impegno e risorse finanziarie e organizzative, con la costituzione di commissioni brevetti, l'attivazione di convenzioni con studi specializzati in proprietà industriale, l'accreditamento di start-up come spin-off universitari, nei quali l'università è parte della compagine societaria".