Il Banco di Napoli è una delle più importanti e più antiche banche storiche italiane, in quanto le sue origini risalgono ai cosiddetti banchi pubblici dei luoghi pii, sorti a Napoli tra il XVI e il XVII secolo, in particolare ad un Monte di Pietà fondato nel 1539 per concedere prestiti su pegno senza interessi, il quale nel 1584 aprì una cassa di depositi, riconosciuta da un bando del viceré di Napoli nello stesso anno.
Altri sette istituti simili vennero successivamente fondati in Napoli tra il 1587 ed il 1640. Dopo circa due secoli di attività indipendente tra di loro, un decreto di Ferdinando IV di Borbone porta all'unificazione degli otto istituti esistenti in un'unica struttura che viene denominata Banco Nazionale di Napoli.
Seguendo i cambiamenti politici che hanno caratterizzato il XIX secolo a Napoli e nell'Italia meridionale, anche il Banco di Napoli muta denominazione e struttura. Nel tempo sono cambiate anche le sedi della banca che, dall'originaria sede del Monte di Pietà sita in via S. Biagio dei librai in pieno Centro storico di Napoli, a partire dal secolo XIX trova la sua finale collocazione nel nuovo Palazzo del Banco di Napoli in via Toledo.
Passando dal regno dei Borbone a quello di matrice napoleonica, il re di Napoli Gioacchino Murat tenta di trasformare il Banco in una società per azioni analoga alla Banca di Francia e crea il Banco delle Due Sicilie, destinato ad avere le stesse funzioni attraverso la Cassa di Corte e la Cassa dei Privati.
Nuovi cambiamenti avvengono nel 1861 con l'Unità d'Italia, mutamenti che segnano da un lato la nascita della denominazione Banco di Napoli e dall'altro l'espansione dell'istituto, con la creazione di una Cassa di risparmio, successivamente incorporata, e con l'apertura delle prime filiali fuori dall'area meridionale, in particolare a Firenze (1867), Roma (1871) e Milano (1872). Risale inoltre a questo periodo la creazione di una sezione di Credito Agrario, che ebbe primaria importanza nel finanziare lo sviluppo dell'agricoltura nell'Italia meridionale e la sua specializzazione nelle colture viticole ed agrumicole.
Un'altra svolta storica per l'istituto avviene nel 1901, quando viene avviata la prima attività all'estero: un ufficio a New York per agevolare le rimesse degli emigranti, trasformato in agenzia a tutti gli effetti nel 1909.
Dopo essere stato per molti anni anche istituto di emissione, il 6 maggio 1926, a seguito del passaggio della funzione alla Banca d'Italia, assume la qualifica di Istituto di credito di diritto pubblico e anche un maggior ruolo nello sviluppo del Mezzogiorno; in particolare dopo la crisi del 1929 assume un ruolo importante nel salvataggio delle diverse banche locali nel Sud italia. Nel 1931, primo fra le banche italiane, si dota di un Ufficio Studi per seguire l'economia del proprio territorio creando anche una propria rivista, la Rassegna economica, ancora in essere e oggi gestita dall'Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, che ha ereditato il patrimonio informativo e di competenze del vecchio Ufficio studi. Lo status di Istituto di diritto pubblico sarà mantenuto fino al 1991 quando, in osservanza della cosiddetta Legge Amato, viene trasformato in Società per azioni dando origine anche all'Istituto Banco di Napoli - Fondazione, a cui viene trasferito l'importante archivio storico che va dal XV secolo ad oggi.
Negli ultimi anni del XX secolo e nei primi anni del XXI, il Banco di Napoli ha attraversato una fase difficile, con sofferenze pesanti e conseguenti difficoltà finanziarie dovute principalmente alla commistione dei vertici con i poteri politici dell'epoca. A seguito all'azzeramento del Capitale Sociale, la Banca è stata acquistata per una cifra irrisoria (60 miliardi di Lire, circa 30 milioni di Euro) da parte della cordata composta dalla BNL Banca Nazionale del Lavoro e dall'INA Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Dopo circa due anni di gestione ulteriormente penalizzante e dai risultati operativi estremamente deludenti, la cordata BNL/INA ha ceduto la Banca al gruppo Sanpaolo IMI, che ha acquistato la proprietà della Banca per una cifra vicina ai 6.000 miliari di Lire, mutandone la denominazione in Sanpaolo Banco di Napoli S.p.A. e dotandola di un Capitale Sociale di 800.000.000 di Euro. Nel contempo la Bad Bank, istituita per il recupero dei crediti in sofferenza, ha provveduto a rientrare di circa il 94% delle esposizioni che appena 6 anni prima avevano decretato la fine di uno dei più antichi e prestigiosi Istituti di Credito italiani. A seguito delle ultime operazioni societarie di fusione del Gruppo Sanpaolo IMI nel gruppo INTESA, avvenute nel 2006, al Sanpaolo Banco di Napoli è stato demandato il compito di presidiare le quattro regioni meridionali della Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Dall'8 giugno 2007, a seguito di una delibera dell'Assemblea dei soci, la Banca ha nuovamente assunto la denominazione di Banco di Napoli S.p.A.
BANCO DI SICILIA
Il Banco di Sicilia è uno dei più antichi istituti di credito d'Italia. È oggi parte del gruppo bancario Unicredit. Opera con oltre 500 sportelli su tutto il territorio nazionale, con una posizione di preminenza in Sicilia.
Il banco viene fondato nel 1849 con l'unificazione della Cassa di Corte di Palermo e della Cassa di Corte di Messina, separatesi dal Banco delle Due Sicilie in seguito ai moti rivoluzionari del 1848-1849, con la denominazione di Banco Regio dei Reali Domini al di là del Faro. Assume la denominazione attuale nel 1860.
Nel 1867, nell'Italia ormai unificata, viene riconosciuto con legge quale istituto di emissione, funzione che manterrà fino alla riforma bancaria del 1926, che ne farà uno degli "istituti di diritto pubblico". Sono gli anni (1862-1893) in cui il Banco viene guidato da Emanuele Notarbartolo.
Nel 1870 il Banco viene autorizzato all'apertura di nuove filiali, sia in Sicilia (Catania, Agrigento, Trapani, Siracusa e Caltanissetta) sia nella penisola (Napoli, Firenze e Torino). Successivamente molte altre succursali vennero aperte facendolo divenire uno dei principali istituti creditizi nazionali.
Fra il 1927 ed il 1958 videro la luce le sezioni speciali di credito minerario, industriale, fondiario e delle opere pubbliche, che si univano a quella per il credito agrario (istituita nel 1883).
Con la riforma del 1990 diventa una Società per azioni di proprietà dell'omonima Fondazione bancaria. Gli anni '90 saranno segnati da un pesante processo di riorganizzazione e risanamento per liberare l'istituto dall'eccessiva incidenza delle sofferenze bancarie e dagli alti costi d'esercizio. Il Banco viene ricapitalizzato, con un significativo ingresso nel capitale sociale, dalla Regione Siciliana nel 1992 e nel 1997 acquisisce le attività e passività della Sicilcassa in liquidazione. Sempre nel 1997 entra nel capitale il Mediocredito Centrale, banca d'investimento allora di proprietà del Ministero del Tesoro. Con la privatizzazione, nel 1999, del Mediocredito, il Banco entra nell'orbita della Banca di Roma.
Nel 2002 il gruppo bancario viene riorganizzato: si fondono gli istituti preesistenti dando vita al gruppo Capitalia. Le attività bancarie vengono trasferite al Banco di Sicilia Spa, controllato al 100% da Capitalia Spa.
La fusione Capitalia-Unicredit, diventata operativa dal 1º ottobre 2007, ha portato a una nuova strategia. Il nuovo gruppo in Sicilia sarà presente con il marchio Banco di Sicilia e nel quale confluiranno tutti gli sportelli Unicred